lunedì 29 giugno 2009

Il Medico Veterinario e la tutela dell'Ambiente


Tutelare l’ambiente in modo completo e intelligente richiede la messa in campo di competenze tecnico-scientifiche elevate ed altamente specializzate, che spaziano in settori diversi, spesso apparentemente lontani tra loro come la medicina, la chimica, l’ingegneria, la fisica, la matematica, l’economia e la medicina veterinaria.
Tra tutte le professionalità necessarie, sicuramente quella del medico veterinario è la più indicata a valutare l’influenza che eventuali inquinanti ambientali possono avere sullo stato di salute degli animali di interesse zootecnico e veterinario e di determinare quali rischi per la salute pubblica possano derivare dal consumo di prodotti di origine animale.
Biomonitorare le popolazioni animali, come già precedentemente spiegato in una nota inserita in questo blog, significa controllare in modo sistematico e continuo gli effetti dell’inquinamento ambientale mediante la valutazione di modificazioni morfologiche, fisiologiche e soprattutto genetiche di un campione rappresentativo di animali di interesse zootecnico (animali in produzione) e veterinario (animali da compagnia).
E’ importante chiarire che il biomonitoraggio non misura l’inquinamento dell’ambiente, ma stima l’alterazione rispetto alla norma di alcuni parametri di stabilità genica degli animali che vengono considerati come biomonitors.
Questo tipo di approccio è sicuramente più vicino alla formazione clinico-diagnostica del medico veterinario e più fruibile da parte dello stesso.
Per il prossimo futuro ci auguriamo un maggior coinvolgimento della categoria professionale medico-veterinaria nel settore della salvaguardia ambientale. È importante che le potenzialità professionali del medico veterinario vengano meglio caratterizzate e indirizzate sia nel corso degli studi universitari che nel corso della formazione post lauream, al fine di non correre il rischio di vedere anche questo settore appannaggio esclusivo di categorie più agguerrite e sicuramente più capaci di anticipare le tendenze del mercato del lavoro e di esprimere maggiore dinamicità e plasticità alle variazioni dello stesso. (Disegno: Sergio Simonetti)

venerdì 26 giugno 2009

Il Cavallo Napoletano

Gli Etruschi scelsero la Campania felix per impiantare i loro allevamenti di cavalli, a ridosso degli insediamenti greci della costa flegrea, nell’area capuana, dove successivamente i Romani allevarono i migliori esemplari per la corte imperiale. L’avvento della Repubblica marinara di Amalfi consentì importazioni di cavalli turchi che insieme ai cavalli campani furono la base per la nascita del cavallo neapolitano, apprezzato prima come popolazione indigena e poi come razza.
Giovan Battista Caracciolo, nobile cavaliere napoletano, non si risparmiò in elogi per questi cavalli che mostravano la loro grandezza al passo, al galoppo, in viaggio, in battaglia e nel salto: “… sono di buona taglia e di superba bellezza. Con la loro obbedienza incredibile seguono la musica e si mettono quasi a danzare spontaneamente …”.
Nel XV secolo, l’Ercolani scrive: “I cavalli neapolitani godevano la più alta fama come cavalli da guerra”; nel trattato del D’Alessandro “Pietra paragone” (inizio ‘700) si considera il Napoletano come miglioratore di altre razze.
Purtroppo i primi anni del ‘900 segnano l’inizio della decadenza di questa razza come viene riportato dal Mascheroni (1903) e dal Fogliata (1908). Nel 2000 grazie alla passione e tenacia di Giuseppe Maresca, Presidente dell'Accademia di Arte Equestre Napoletana "Federico Grisone" ed attraverso lo studio di libri, documenti e stampe d'epoca, si procede alla ricostruzione morfologica con incroci mirati di fenotipi autoctoni che possedevano i caratteri della razza.
Nel 2004 è istituito il Registro Anagrafico e nel 2009 la popolazione ha raggiunto i 50 esemplari.
CARATTERI MORFOLOGICI: mantello baio, sauro bruciato, grigio sorcino e morello; testa altera, quadrata, con fronte ampia ed occhi grandi, un profilo diritto convesso nel tratto nasale ed accentuato nell’appiattimento delle narici, le orecchie sono piccole e mobili; collo muscoloso e lungo, elegantemente arcuato, con criniera folta e lunga; spalla muscolosa, ben inclinata, lunga e ben attaccata al tronco; garrese grosso, elevato, incluso nell’ampia base del collo, a 42 mesi l’altezza minima è di 1,50 m.; groppa raccolta, larga ed arrotondata; petto ampio con torace profondo; arti proporzionati e muscolosi.
ATTITUDINI: la conformazione morfologica predispone il cavallo al tiro medio leggero ed alla sella, in particolare alla disciplina del dressage e dell’alta scuola.

martedì 23 giugno 2009

Verso una PG europea per il contrasto all'agropirateria: il Corpo Forestale dello Stato

L’Italia, nel panorama internazionale, rappresenta uno dei Paesi con un ricco e variegato patrimonio agroalimentare dove le produzioni tipiche nazionali costituiscono il “fiore all’occhiello” di un paniere di prodotti altamente differenziato, la cui ricchezza e varietà rappresentano un punto di forza in un contesto di crescente apprezzamento verso i prodotti diversificati e con un forte contenuto di tipicità.
A questo si aggiunge la presenza sul mercato di consumatori sempre più attenti agli aspetti nutrizionali in termini di apporto calorico, genuinità, originalità e unicità dei prodotti, che porta ad una esaltazione della cosiddetta “dieta mediterranea”, tanto che in questi ultimi anni l’enogastronomia italiana è divenuta tratto distintivo dello stile italiano, rappresentando uno dei fattori di successo e di identificazione del made in Italy.
Se poi quantifichiamo il valore del settore agroalimentare italiano, questo si può stimare come secondo in termini di fatturato dopo il metalmeccanico e riveste un ruolo determinante in ambito comunitario contribuendo per il 13% alla produzione agricola totale dell’Europa. Altrettanto consistente è l’export agroalimentare; la quota italiana sul commercio mondiale si attesta da diversi anni ad una cifra superiore al 3,5%. In questo contesto i prodotti agroalimentari italiani finiscono spesso oggetto di sofisticazioni, di falsificazioni evidenti, di ingannevole utilizzo dell’origine geografica, di contraffazione delle scadenze fino a giungere ad imitazioni nell’utilizzo di nomi o immagini che richiamano il nostro Paese (i colori della bandiera italiana finiscono in molti dei prodotti venduti sul mercato americano).
In Italia il problema è sotto controllo, molti sono i prodotti a denominazione di origine salvaguardati dalla legge. All’estero, invece, soprattutto al di fuori dell’Unione europea, è molto più difficile proteggere le produzioni italiane da queste imitazioni, che nel complesso valgono migliaia di miliardi. I grandi marchi della moda o le produzioni musicali, che pure subiscono molti tentativi di imitazione, hanno infatti una tutela giuridica internazionale che non possiedono invece i prodotti della tradizione agroalimentare. Il Reggianito argentino, la pasta Teresa, il formaggio Cambonzola e l’olio d’oliva Fra Diavolo sono solo alcuni dei tesori della tavola italiana che vengono imitati all’estero.
L’emergenza è soprattutto per i marchi di qualità D.O.P. e I.G.P. Così l’Italia perde ogni anno 2,8 miliardi di euro mentre il business raggiunge l’esorbitante cifra di 52,6 miliardi di euro. Solo negli Stati Uniti le imitazioni dei nostri formaggi certificati fruttano ben 2 miliardi di dollari. La percentuale di prodotti contraffatti provenienti dagli Emirati Arabi Uniti è del 5%, mentre è dalla Turchia che proviene il maggior numero di cibi e bevande falsificate ,18% insieme a Singapore, 12% e Ungheria ,7%.
In Italia i controlli e le indagini nel settore delle frodi alimentari per la sicurezza e la qualità degli alimenti sono effettuati da Organi dipendenti da diversi Dicasteri tra i quali il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, in questo contesto il Corpo Forestale dello Stato - Divisione 2^ (Polizia Agroalimentare), attraverso il Nucleo Agroalimentare e Forestale (N.A.F.) potrebbe svolgere una attività di controllo in materia agroalimentare anche in chiave europea.

mercoledì 17 giugno 2009

ONAF DAY - 21 giugno 2009

Nell’ambito della celebrazione del ventennale ONAF le sezioni di Avellino, Caserta e Salerno, organizzano l’evento denominato “Formaggiata del solstizio d’estate con i grandi prodotti della Campania” presso il Borgo di Terravecchia in Giffoni Valle Piana - Palazzo Federico II. L’obiettivo è di polarizzare l’attenzione nazionale sul formaggio in un giorno dedicato ai riconoscimenti, all’informazione ed al piacere del gusto.

PROGRAMMA DELLA GIORNATA

Ore 18.30 - Il Pecorino Bagnolese espressione del Parco dei Monti Picentini incontra il Carmasciano ed il Pecorino di Laticauda. Abbinamento con Fiano di Avellino e Aglianico D'Antiche Terre e Birra Nadir Belgian Bruin del Birrificio il Chiostro. Interverranno Angelo Petretta (STAPA CePICA di Avellino), Giovanni Ruggiero (STAPA CePICA di Salerno), Maria Sarnataro (Consigliere Nazionale ONAF), Eliseo Di Sapio (Delegato ONAF di Avellino), Associazione Produttori di Pecorino Carmasciano.

Ore 20.00 - La mozzarella di Bufala Campana e il Provolone del Monaco, due DOP accomunate da passione, gusto e legame al territorio. Abbinamento con Coda di Volpe e Piedirosso Ocone. Interverranno Francesco Aiello, Luigi Chianese presidente del Consorzio di tutela della Mozzarella di Bufala Campana DOP, Giosuè De Simone presidente del Consorzio di tutela del Provolone del Monaco DOP e per la guida della Degustazione Maria Sarnataro (Consigliere Nazionale ONAF).

Ore 21.00 - Le eccellenze “minori” della Campania: Mozzarella nella mortella, Cacioricotta, Conciato Romano e Pecorino dell’Alto Casertano. Abbinamento con Fiano Phasis di Tenute del Fasanella. Interverranno Luciano Pignataro, Mario Sansa (delegato ONAF Caserta) e Maria Sarnataro (Consigliere Nazionale ONAF e delegato ONAF di Salerno).

sabato 13 giugno 2009

18 e 19 giugno 2009 settima Conferenza della Rete delle Regioni Europee Ogm-free

Quarantanove Regioni Europee si ritroveranno ad Urbino nelle Marche per parlare di strategie e accordi politici per una coesistenza sostenibile nelle produzioni agricole tra gli Ogm e le colture tradizionali e biologiche.
La Regione Marche, ha ricordato il vice presidente con delega all'Agricoltura, Paolo Petrini, è una delle 10 fondatrici della Rete, costituita nel 2003 e che hanno scelto un modello di agricoltura volto alla salvaguardia delle produzioni agricole, tipiche e di qualità, prive di contaminazione genetica delle colture, lasciando tuttavia la libertà di scelta.
"Nessuna preclusione - ha detto Petrini - verso la ricerca scientifica nel settore agroalimentare ma un forte richiamo alla cautela è necessario. Migliorare le produzioni non può, infatti, prescindere dalla qualità e dalla tutela della salute dei consumatori".
I lavori della conferenza di Urbino del 18 giugno si articoleranno in quattro sessioni, volte ad approfondire alcune delle tematiche fondamentali legate alla materia degli Ogm: a) coesistenza e aree Ogm-free: dare risposte a un'esigenza sociale; b) assicurare un mercato europeo di mangimi Ogm- free: come e perché; c) etichettatura Ogm-free: una strategia per salvaguardare i prodotti Ogm-free dell'Unione europea; d) preoccupazioni scientifiche e socio- economiche.

venerdì 5 giugno 2009

I caseifici aziendali, produzioni primarie, certificazioni ed aspetti normativi

Villamaina 12 giugno 2009

L’Ordine dei Medici Veterinari della provincia di Avellino in collaborazione con l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale per il Mezzogiorno di Portici, la Facoltà di Medicina Veterinaria di Napoli, l’ex ASL AV1 ed AV2 e le Scuole di Specializzazione di Malattie Infettive di Napoli e Bari e quella di Ispezione degli Alimenti di Napoli, organizza presso le Antiche Terme di San Teodoro, Via Bagni, 20 – Villamaina (AV), il 12 giugno 2009, il convegno dal titolo “I caseifici aziendali, produzioni primarie, certificazioni ed aspetti normativi”.
Si inizia alle ore 9.00 con i saluti dei dott. Vincenzo D’Amato e Mario Romano rispettivamente presidente Ordine dei Medici Veterinari di Avellino e amm. unico soc. antiche terme di San Teodoro. Nella I sessione previsti gli interventi del dott. Gerardo Di Leo, medico veterinario ASL AV1, del prof. Alberto Vergara, Università di Torino e della prof.ssa M. Giuseppina Tantillo, Facoltà di Medicina Veterinaria di Bari. Successivamente alle ore 10.45 II sessione “Valorizzazione e controllo della filiera agroalimentare”. Moderatore il dott. Antonio Limone, commissario IZS del Mezzogiorno. Previsti gli interventi del Prof. Vincenzo Peretti, ricercatore DISCIZIA della Federico II, del dott. Fernando Fuschetti, comandante regionale Corpo Forestale dello Stato, della prof.ssa M. Giuseppina Tantillo, Facoltà di Medicina Veterinaria di Bari e del dott. Vito Amendolara, direttore Coldiretti Campania. Conclusioni del dott. Giuseppe Allocca, coordinatore Assessorato Agricoltura e Attività Produttive della Regione Campania e del prof. Luigi Zicarelli, preside della Facoltà di Medicina Veterinaria di Napoli. Interverranno i Presidente degli Ordini dei Medici Veterinari delle province di Caserta, Benevento, Napoli e Salerno ed i dirigenti dello STAP-Alimentare e STAPACePICA di Avellino e delle organizzazioni professionali e dei consumatori.

Razze autoctone impiegate come sentinelle dell'ambiente


Il biomonitoraggio delle popolazioni animali autoctone consiste nel controllare in modo sistematico e continuo gli effetti dell’inquinamento ambientale mediante la valutazione di modificazioni morfologiche, fisiologiche e soprattutto genetiche di un campione rappresentativo di animali di interesse zootecnico (animali in produzione) e veterinario (animali da compagnia). E’ importante chiarire che il biomonitoraggio non misura l’inquinamento dell’ambiente, ma stima l’alterazione rispetto alla norma di alcuni parametri di stabilità genica degli animali che vengono considerati come biomonitors.

Gli animali allevati a scopo zootecnico rappresentano un punto fondamentale della catena alimentare. Monitorare gli animali, significa monitorare l’ambiente dove essi vengono allevati ed alimentati; qualora l’ambiente fosse contaminato da qualsivoglia sostanza ad azione tossica e/o mutagena, gli animali assumerebbero tali contaminanti attraverso l’alimentazione e potrebbero attraverso i loro prodotti trasferirli all’uomo. Gli effetti mutageni di tali sostanze si manifestano in danni a livello cromosomico (DNA) aumentando l’instabilità genetica la quale si può tradurre in mutazioni genetiche che spesso sono il primo passo per l’insorgenza di neoplasie o difetti immuno-enzimatici: tanto più alta è tale instabilità, tanto più alto è il rischio di mutazioni.
Per valutare le conseguenze di una eventuale esposizione a sostanze genotossiche si ricorre all’uso di test citogenetici in grado di evidenziare alterazioni irreversibili del materiale genetico in termini di mutazioni geniche, cromosomiche o genomiche. I campioni biologici di elezione sono i linfociti di sangue periferico ed i test citogenetici sono i prescelti per analizzare probabili mutazioni geniche o strutturali o numeriche. Tra questi i più attendibili, maggiormente diffusi ed impiegati nel Laboratorio di Genetica Veterinaria e Biotecnologie applicate alle Produzioni Animali, attivo dal 2001 presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, sono il test delle aberrazioni cromosomiche (AC), il test dello scambio tra cromatidi fratelli (SCE) ed il test dei siti fragili.
Come nella maggior parte degli studi epidemiologici sull’animale, anche negli studi di monitoraggio emerge un alto livello di variabilità interindividuale nella risposta a un insulto chimico o biologico; alcuni individui di controllo non esposti possono presentare alti livelli di danno cromosomico, mentre alcuni degli esposti possono avere frequenze spontanee inferiori ai controlli. Pertanto i dati non vengono trattati su base individuale, ma possono risultare informativi se inseriti in un contesto di gruppo (riuniti in gruppi disomogenei per specie, razza, età, modo di allevamento così che il campione monitorato sia quanto più variabile possibile e quindi rappresentativo della popolazione animale del territorio): quindi è solo mediante il valore medio, con l’ausilio di opportuni test statistici, che è possibile sostanziare un problema di esposizione.
Gli animali diventano delle vere e proprie centraline biologiche di rilevamento dell’inquinamento dell’ambiente (sentinelle dell’ambiente) e svolgono un ruolo importante per la sicurezza alimentare ed ambientale. (Fonte: Rivista Agricultura e Innovazione)

martedì 2 giugno 2009

Premio "Campaniae varietas vitae"


E’ stato presentato il 1 giugno 2009 a Ruviano (CE) nel corso del I Galà del Suino Casertano, del Vitigno Pallagrello e del Caso Peruto, il premio “Campaniae varietas vitae” promosso dall’Associazione Saperi e Sapori della Campania, l’Associazione RARE e dal Consorzio di Tutela Provolone del Monaco D.O.P.

Il premio che si propone di attribuire il piatto decorativo, realizzato, per l’occasione dall’artista napoletana Gaia Romano, ad un'iniziativa, un'attività da tutelare, una persona, un gruppo, un'associazione, un ente pubblico o privato, quale valorizzazione dell’ingegno, del “saper fare” e della cultura nel settore agroalimentare della Regione Campania, avrà cadenza annuale ed ogni edizione si svolgerà nell’ambito di una manifestazione organizzata dalle associazioni fondatrici.
Il vincitore del premio sarà selezionato da un Comitato di Giuria formato da autorevoli personalità della scienza e della cultura scelti in base alla loro competenza e rappresentatività nei campi della comunicazione, della ricerca e della cultura culinaria tipica della Regione Campania.