sabato 26 dicembre 2009

I Parchi Agricoli e la salvaguardia dell’ambiente

Sono ormai passati 17 anni da quando nel 1992 fui nominato responsabile dell’Oasi blu di Monte Orlando del WWF, Gaeta (LT). In quel periodo il mio interesse per la Natura era legato al concetto che la salvaguardia dell’ambiente doveva integrarsi con uno sviluppo economico dell’area. L’idea fu quella di istituire nell’area marina protetta, zone a tutela integrale e zone, dove sempre nel rispetto dell’ambiente, si potesse usufruire della visione dei meravigliosi fondali, dietro il versamento di un piccolo contributo economico, il cui ricavato era utilizzato per la gestione dell’area stessa. Ricordo ancora le immersioni con l’amico Gennaro alla scoperta dei fondali che ad ogni uscita mi portavano a conoscere i più intimi segreti nascosti in fondo al mare. E’ qui che ho incontrato per la prima volta il cavalluccio marino, la pinna nobilis, il pesce luna ed i numerosi organismi marini che popolano ancora la “mia” Oasi Blu, successivamente diventata area marina protetta del Parco Regionale Urbano di Monte Orlando. Rimanendo sempre fedele alla mia idea che la Natura possa essere tutelata con lo sviluppo socio-economico delle popolazioni interessate sono, oggi, impegnato a far comprendere la necessità di realizzare PARCHI AGRICOLI, con l’intento di salvaguardare l’ambiente non ancora compromesso e di restituire valore all’agricoltura locale ed ai suoi prodotti. La presenza di un’agricoltura sana e forte costituisce infatti, più dei vincoli normativi, la migliore difesa e valorizzazione di un territorio. Gli obiettivi principali del parco agricolo sono quelli di: 1) tutelare e valorizzare la qualità del territorio e del suo patrimonio ecologico (ecosistemi tipici) contribuendo alla qualità della vita (benessere, salute e cultura), salvaguardando e valorizzando il paesaggio; 2) sviluppare le attività agro-zootecniche attraverso anche il recupero dei prodotti di qualità; 3) promuovere a livello turistico l’immagine del parco, coniugandolo con l’offerta turistica di centri urbani adiacenti importanti (monumenti, offerta fieristica, etc.); 4) potenziare l’educazione, l’informazione e la comunicazione in materia di paesaggio, ambiente, agricoltura e zootecnia, per far crescere la consapevolezza della loro importanza e radicare il principio della responsabilità rispetto a quello del divieto (musei ed aree attrezzate a tema); 5) organizzare attività con le scuole e corsi con i cittadini sul compostaggio dei rifiuti, la sensibilizzazione sulla raccolta differenziata e la conoscenze di energie rinnovabili, corsi su orticoltura e zootecnia, sul mantenimento di un ambiente pulito anche in collaborazione con le, organizzazioni agricole, associazioni ambientaliste, etc; 6) favorire il recupero ambientale con la bonifica delle aree degradate; 7) assicurare l’integrazione del parco agricolo con le altre zone di tutela ambientale contigue.

giovedì 17 dicembre 2009

Associazione Pizza Sorrentina

E’ nata “Pizza Sorrentina”, associazione senza fini di lucro, con sede a Sorrento, basata sull’adesione volontaria di attività imprenditoriali e cittadini che, per suo tramite, intendono esercitare comuni interessi di carattere socio-culturale e scientifico nel campo dell'alimentazione.

Scopo dell’associazione è quello di promuovere e divulgare, attraverso il fagotto, denominato pizza sorrentina, le eccellenze del territorio napoletano/sorrentino: il Provolone del Monaco D.O.P., il pomodorino del piennolo del Vesuvio D.O.P. e l’olio D.O.P. della Penisola Sorrentina. In particolare si propone di: a) promuovere e sostenere iniziative con l’obiettivo di preservare e valorizzare l’identità storico-culturale delle materie prime utilizzate nel prodotto pizza sorrentina, anche attraverso l’istituzione di Pizzerie Custodi; b) organizzare, gestire, partecipare ad attività educative attraverso progetti di coordinamento, formazione e aggiornamento finalizzati all’educazione sensoriale e del gusto, all'educazione alla salute, allo sviluppo di una corretta cultura alimentare; c) educare alla cultura alimentare i consumatori con la finalità del raggiungimento della piena coscienza del diritto al piacere e al gusto e l’acquisizione di una responsabile capacità di scelta in campo alimentare e promuovendo la pratica di una diversa qualità della vita, fatta del rispetto dei tempi naturali, dell'ambiente e della salute dei consumatori.

Soci Fondatori: Antonino Esposito (Presidente), Giosuè De Simone, Pasquale Imperato e Vincenzo Peretti.




lunedì 14 dicembre 2009

Premio "ANDREA BUONOCORE"

E’ stato presentato ad Agerola nel corso del Gran Galà Tour 2009 Provolone del Monaco D.O.P. durante il convegno "Biodiversità, tipicità ed agropirateria: controlli e tutela del made in Italy e del consumatore", il premio “Andrea Buonocore” promosso dal Consorzio di Tutela Provolone del Monaco D.O.P. e dal Comune di Agerola. Il premio, istituito per assegnare un riconoscimento ad un allevatore che si è contraddistinto nella tutela e salvaguardia del bovino di razza Agerolese, avrà cadenza annuale ed ogni edizione si svolgerà nell’ambito di una manifestazione organizzata dallo stesso Consorzio di Tutela. Il dott. Andrea Buonocore, nato ad Agerola, si laureò in Medicina Veterinaria, anno accademico 1950/51, presso l'Istituto di Zootecnia, con una tesi sperimentale su "Rilievi biometrici sulla razza-popolazione bovina Agerolese", relatore il prof. C. D'Alfonso. I premiati quest'anno sono stati: Naclerio Maria, Milo Bartolomeo e Naclerio Ugo.

martedì 8 dicembre 2009

Grolla d'oro al Provolone del Monaco D.O.P.

Un 2009 da incorniciare per il Consorzio di Tutela Provolone del Monaco D.O.P. che conquista con un suo prodotto la “Grolla D’Oro, Formaggio d’autore” durante la cerimonia che si è svolta Saint Vincent, Aosta dal 3 al 5 dicembre 2009. L’edizione 2009 delle Grolla d’Oro per il miglior formaggio italiano giunto alla VIII edizione, si è tenuta presso il centro congressi casinò de la vallée / grand hotel Billia di Saint Vincent – Valle D’Aosta. Il concorso voluto dal Coopagrival e organizzato di concerto con il Centro Internazionale di Ricerca per la Valorizzazione dei Prodotti Lattiero Caseari di Montagna (Caseus Montanus), in collaborazione con ONAF (Organizzazione Nazionale Assaggiatori Formaggi), e con il sostegno della Regione autonoma Valle d’Aosta di intesa con il Casinò de la Vallée che gode del patrocinio del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali e l’auspicio di Buonitalia spa, ha visto la partecipazione di più di 200 formaggi giunti da ogni parte d’Italia, raggruppati in 13 categorie.

Al top delle classifiche si sono piazzati il Parmigiano Reggiano oltre 30, nella categoria formaggi a pasta extradura con stagionatura oltre 30 mesi; Montasio D.O.P. stravecchio (Formaggio D.O.P. a pasta semidura e dura); Stravej nostral piemonteis (formaggi a pasta dura); Parmigiano reggiano 18-21 (formaggi a pasta extradura con stagionatura minore di 30 mesi); Monte Cesen alpeggio 2009 (formaggi a pasta semidura); Gongorzola dolce Dop (Formaggi erborinati); Provolone del Monaco D.O.P. (formaggi a pasta filata); Pecorino della Basilicata (formaggi pecorini); Biancaet (formaggi a pasta molle); Capra Ubriaco al Traminer (Formaggi elaborati); Chevrottin Saint-Bernard (formaggi Caprini); Treccione passito (formaggi a pasta filata fresca). Alla Fontina è andato infine il premio per i formaggi d’alpeggio, istituito da quest’anno.

Nella categoria dei formaggi a pasta filata il Provolone del Monaco D.O.P. è stato protagonista con due nomination su tre, che rappresenta un risultato prestigioso per i nostri formaggi ottenuti dall’antica arte della filatura da cui i nostri bravissimi casari sanno elaborare prodotti di altissima qualità, nonché un premio ai sacrifici e al duro lavoro che questi devono affrontare tutti i giorni. In particolare la giuria nazionale dell’Onaf ha assegnato la Grolla al prodotto del caseificio La verde Fattoria di Vico Equense, nomination anche al caseificio Perrusio di Meta. ”La qualità crescente di questo prodotto – hanno spiegato Giosuè De Simone e Vincenzo Peretti, rispettivamente Presidente e Direttore del Consorzio di Tutela – sono la miglior arma per contrastare la crisi del settore agricolo e la loro promozione sono il miglior strumento per accrescere la redditività delle nostre aziende produttrici”.

sabato 26 settembre 2009

La Razza Casertana

Il suino di razza casertana è descritto in diversi trattati di zootecnia del secolo scorso (Baldassare S. 1899 e Pitaro S., 1950) con cute, liscia, sottile, morbida e lucida nei soggetti giovani, rugosa, spessa, ruvida e senza riflesso negli adulti; di colore nero uniforme, senza macchie, con gradazioni diverse a seconda dell’età, lucente con riflessi violacei nei giovani, più chiaro quasi grigio plumbeo negli adulti; quasi del tutto privo di setole, se presenti sottili e delicate, e poiché causa di deprezzamento erano strappate (pelatura) dai proprietari prima della vendita al mercato; con la presenza di tettole (bargiglioni o in dialetto “scioccaglie” ossia orecchini), due appendici cutanee di forma cilindrica e prive di setole in corrispondenza della regione parotidea; con la testa a forma di tronco di cono, a base piccola, con profilo nasale diritto e lungo; con le orecchie vicine tra loro, non molto grandi, dirette obliquamente in avanti e in basso; con il collo, lungo e stretto nei magroni, tozzo e spesso negli adulti ingrassati; con il tronco lungo e stretto nella regione del costato e della groppa nei magroni, arrotondato nei soggetti grassi; con il dorso a profilo convesso, a volte rettilineo; con gli arti leggeri e sottili. Nell’ambito della razza si differenziano tre fenotipi, uno fine o piccolo (detto di Teano) dalla tipica forma rotondeggiante, uno grande o grossolano più esigente nell’alimentazione, ed uno intermedio, derivante dall’incrocio dei fenotipi precedenti; le femmine presentavano in genere 10 capezzoli, erano fecondate a 7-8 mesi, partorivano in media 6 piccoli, raramente 9 -10 dopo una gestazione in media di 110 giorni. Si usava macellare i suini tra i 12 e 18 mesi ad un peso vivo di 130-160 kg, sebbene non era raro trovare soggetti al di sopra di 2 anni di 260 kg o più. Le migliori scrofe erano sfruttate fino a 7-8 anni, mentre i verri, anche se morfologicamente belli, erano macellati intorno ai 3-4 anni. L’area di allevamento del suino casertano era molto estesa, comprendeva “i bacini inferiori del Garigliano e del Volturno, i quali trovansi lungo il litorale del Tirreno nei circondari di Gaeta e di Caserta; e si estende, nell’interno, sino al mandamento di Cajazzo nel circondario di Piedimonte d’Alife; ai mandamenti di Pignataro Maggiore, Teano e Pietramelara nel circondario di Caserta; nel circondario di Sora, sino ai mandamenti di Pontecorvo, Arpino, Atina e Sora al confine della provincia di Roma, ed a quello di Cervaro al confine del Molise”. Successivamente l’allevamento della pelatella casertana si è diffuso anche nelle province di Napoli, Benevento, Avellino, Salerno, Roma e Campobasso, ed in altri territori del Mezzogiorno d’Italia contribuendo alla selezione di altre razze suine nere.

Nel 2009 risultano iscritti al registro anagrafico gestito dall’ANAS (associazione nazionale allevatori suini) 25 allevamenti per un totale complessivo 371 scrofe e 29 verri iscritti.

(Fonte: Rivista Agricultura e Innovazione, n.1/09).

sabato 5 settembre 2009

La Pizza Napoletana STG

In un documento del Codex diplomaticus cajetanus riguardante il Ducato di Gaeta e risalente al 997, vi è la testimonianza più antica dell’uso del termine pizza. La pietanza, già all’epoca, doveva essere considerata importante in quanto veniva spesso utilizzata quale merce di scambio o per il pagamento dell’affitto di locali.

Non vi è dubbio però che già dal 1700 esistevano a Napoli diverse botteghe, che nell’uso popolare erano denominate “pizzerie”, così come è certo che il prodotto rimase fino a metà del '900 un'esclusiva solo della città. Le pizze più consumate a Napoli erano la marinara (1734) e la margherita (1796-1810), che la tradizione vuole realizzata dal cuoco Raffaele Esposito della pizzeria Brandi nel giugno 1889, per onorare la regina d'Italia Margherita di Savoia, in visita a Napoli e dove i condimenti, pomodoro, mozzarella e basilico, rappresentavano i colori della bandiera italiana.

Ma veniamo ai giorni nostri ed in particolare alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale Europea (GUCE C40/17) della domanda di registrazione della denominazione “Pizza Napoletana STG”, ai sensi del Reg. CE n.509/06 relativo alla protezione delle specialità tradizionali garantite dei prodotti agroalimentari. Finalmente, dopo alcune difficoltà, a fine settembre 2009 si concluderà l’iter per il riconoscimento dell’ambito marchio comunitario STG, avviato nel 2004 dall’omonimo comitato promotore composto dall’Associazione Verace Pizza Napoletana e dall’Associazione Pizzaiuoli Napoletani.

Da quel momento in poi la Pizza Napoletana STG si distinguerà nettamente da altri prodotti simili per le sue caratteristiche peculiari e per gli ingredienti tradizionali come il pomodoro, la mozzarella di bufala DOP o mozzarella STG e l’olio extravergine d'oliva.

Al tal fine sono previste nel disciplinare di produzione tre tipologie: a) Marinara con aglio, olio, pomodoro ed origano (lo spicchio d'aglio va privato della pellicola e tagliato a sottili fettine); b) Margherita che richiede mozzarella STG, tagliata a listelli e pomodori pelati; c) Margherita extra con 80-100 grammi di mozzarella di bufala campana DOP tagliata a listelli e pomodori pelati o pomodorini freschi.

mercoledì 22 luglio 2009

Il Mastino Napoletano

Nel De re rustica di Lucio Giunio Moderato Columella, il Mastino viene definito come un ottimo guardiano della casa e della proprietà, diventando, in epoca romana, il custode principale delle ville dei patrizi, un tempo numerose nell’area Campana. Successivamente questi animali trovarono alle pendici del Vesuvio un’ambiente favorevole, tanto da integrarsi perfettamente sia con il territorio che con la sua gente. E fu proprio in questa terra che Piero Scanziani ad una mostra nel 1946 osservò questo magnifico animale che nel 1948 venne riconosciuto dall’ ENCI come razza Mastino Napoletano.
XIX campionato ATIMANA
Dal 2 al 4 ottobre 2009 a Porto Viro (RO), presso il Centro Turistico Nautico “Po di Venezia” - Contarina di Portoviro, il gruppo cinofilo Delta organizza il XIX campionato ATIMANA.
PROGRAMMA
Venerdì 2 ottobre
Ore 17.00: Inaugurazione mostra “Il Mastino nell’ arte contemporanea”
Ore 18.00: Riunione Consiglio Direttivo ATIMANA
Sabato 3 ottobre
Ore 9.30: Visita guidata in battello all’area del Parco del Delta del Po
Ore 15.00: Conferenza scientifica internazionale sul Mastino Napoletano
GENETICA E ALIMENTAZIONE NEL MASTINO NAPOLETANO
Relatori: prof. Vincenzo Peretti e prof.ssa Monica Isabella Cutrignelli
DISCIZIA, Facoltà di Medicina Veterinaria - Università Federico II Napoli
Moderatore: Dr. Nello Crimaldi, Coordinatore Comitato Scientifico ATIMANA
Ore 18.00: Assemblea Generale ATIMANA - Riunione Consiglio Direttivo
Domenica 4 ottobre
Ore 10.00: XIX Campionato ATIMANA
Giudici
Jesus Sanchez Pardo, Spagna - categoria maschi giovani adulti
Lorena Cantarella, Australia - categoria femmine giovani adulti
Giuseppe Alessandra, Italia - categoria cuccioli, cucciolini, veterani e B.I.S.
Ore 15.30: Proclamazioni dei Campioni ATIMANA
Trofeo delle Nazioni
Trofeo Speranza ATIMANA
B.I.S.
Ore 16.30- Chiusura XIX Campionato ATIMANA

mercoledì 8 luglio 2009

Il Bovino Agerolese

La sua culla di origine è il territorio dei Monti Lattari e della Penisola Sorrentina in provincia di Napoli; area geografica in cui i Picentini esuli, sconfitti dai Romani nel 264 a.C., si stabilirono con i loro armenti e masserizie avviando, non senza grandi difficoltà, una discreta attività agricola ed un fiorente allevamento di bovini ad attitudine lattifera (Lactaria Montes). Sulla base di descrizioni zoognostiche riportate in documenti storici che collimano perfettamente con lo Standard Ufficiale di razza, il bovino di razza Agerolese è “una vacca da latte … da un metro e trentacinque ad un metro e quaranta di altezza al garrese, ha il mantello scuro con striscia più chiara sulla schiena, presenta i caratteri della buona lattaia: testa regolare e ben formata, corna sottili, pagliolaia poco sviluppata, dorso leggermente insellato, spalle e torace alquanto ristretti, grande sviluppo dell’addome, estremità piuttosto corte e robuste, mammelle sviluppatissime… Una buona lattaia dà dai diciassette ai diciotto litri di latte al giorno … nella buona stagione, quando abbonda il foraggio verde ed il clima incomincia a diventar più mite il latte diventa più aromatico".L’unicità del bovino di razza Agerolese è frutto della selezione di secoli che, influenzata da un ambiente avverso, privo di pascoli, spesso rappresentato da ricoveri di fortuna, ha fissato peculiari caratteri di rusticità e resistenza e ha fatto in modo che, nonostante una scadente alimentazione (frascame), questo bovino fosse in grado di produrre una discreta quantità di latte dalle eccellenti caratteristiche organolettiche, destinato in larga parte alla trasformazione.
Nel 2001 grazie all’APA di Napoli coadiuvata dal Dipartimento di Scienze Zootecniche e Ispezione degli Alimenti dell’Università degli Studi di Napoli Federico II è stato effettuato il 1° censimento della razza: 103 soggetti adulti (85 vacche, 18 tori) e 97 manzette. Dalle ultime valutazioni effettuate nel 2008 la popolazione totale ha raggiunto i 600 capi, compreso il giovane bestiame. Questo risultato è stato possibile grazie all’inserimento nel disciplinare di produzione del Provolone del Monaco Dop (formaggio semiduro a pasta filata, stagionato minimo 6 mesi e prodotto esclusivamente in 13 Comuni della provincia di Napoli) della quota minima di latte pari al 20% proveniente da questa razza.

mercoledì 1 luglio 2009

I distributori automatici del latte: una risorsa non al Sud

Con il D.P.R. 54/97 vengono definite le norme sanitarie per la produzione e commercializzazione del latte crudo. I distributori automatici del latte sono autorizzati ai sensi del Reg. CE 852/2004, assoggettati alle norme previste nell'intesa Stato-Regioni del 25 gennaio 2007 e monitorati secondo i piani di controllo redatti dalle singole Regioni.
Il produttore locale può quindi commercializzare il proprio latte direttamente al consumatore visto che queste macchine sono state concepite e realizzate secondo gli standard di norme igieniche e sanitarie con sistemi di gsm in modo da segnalare anche il minimo mal funzionamento. Il distributore automatico permette di poter consumare direttamente il latte prodotto in giornata, senza che si possano alterare completamente, con processi di conservazione, le qualità organolettiche di partenza. Altro aspetto da non sottovalutare è il prezzo contenuto rispetto alla grande distribuzione; la filiera corta, dal produttore direttamente al consumatore, abbatte i costi di produzione, trasporto e confezionamento. Infine per la sicurezza alimentare il prodotto viene accompagnato da una certificazione che ne garantisce la rintracciabilità.
Il consumo di latte crudo è sicuro e non rappresenta alcun rischio, nonostante le notizie allarmistiche riportate da diversi mezzi di informazione che hanno portato nel passato ad una sospensiva sulla vendita del latte crudo non pastorizzato tramite i distributori di latte. E’ comunque buona norma bollirlo anche perché, soprattutto per alcune categorie di persone (bambini), potrebbe provocare complicazioni a causa di batteri (Escherichia coli) che possono facilmente arrivare a contaminare il latte.
Un paradosso dei distributori del latte è però la distribuzione sull'intero territorio italiano, nel Sud, purtroppo, la presenza non raggiunge nemmeno il 3,5% del totale, tutto questo a svantaggio della piccola impresa meridionale.
Non dimentichiamo che nel nostro Paese il latte al produttore vale 30 centesimi mentre al consumatore 1,52 €, più della metà del valore va quindi nelle tasche della Grande Distribuzione Organizzata (GDO). A questo si aggiunge che in Italia si producono 110 milioni di quintali di latte e s’importano 80 milioni di quintali: 1 litro di latte su 2 quindi non è italiano.

lunedì 29 giugno 2009

Il Medico Veterinario e la tutela dell'Ambiente


Tutelare l’ambiente in modo completo e intelligente richiede la messa in campo di competenze tecnico-scientifiche elevate ed altamente specializzate, che spaziano in settori diversi, spesso apparentemente lontani tra loro come la medicina, la chimica, l’ingegneria, la fisica, la matematica, l’economia e la medicina veterinaria.
Tra tutte le professionalità necessarie, sicuramente quella del medico veterinario è la più indicata a valutare l’influenza che eventuali inquinanti ambientali possono avere sullo stato di salute degli animali di interesse zootecnico e veterinario e di determinare quali rischi per la salute pubblica possano derivare dal consumo di prodotti di origine animale.
Biomonitorare le popolazioni animali, come già precedentemente spiegato in una nota inserita in questo blog, significa controllare in modo sistematico e continuo gli effetti dell’inquinamento ambientale mediante la valutazione di modificazioni morfologiche, fisiologiche e soprattutto genetiche di un campione rappresentativo di animali di interesse zootecnico (animali in produzione) e veterinario (animali da compagnia).
E’ importante chiarire che il biomonitoraggio non misura l’inquinamento dell’ambiente, ma stima l’alterazione rispetto alla norma di alcuni parametri di stabilità genica degli animali che vengono considerati come biomonitors.
Questo tipo di approccio è sicuramente più vicino alla formazione clinico-diagnostica del medico veterinario e più fruibile da parte dello stesso.
Per il prossimo futuro ci auguriamo un maggior coinvolgimento della categoria professionale medico-veterinaria nel settore della salvaguardia ambientale. È importante che le potenzialità professionali del medico veterinario vengano meglio caratterizzate e indirizzate sia nel corso degli studi universitari che nel corso della formazione post lauream, al fine di non correre il rischio di vedere anche questo settore appannaggio esclusivo di categorie più agguerrite e sicuramente più capaci di anticipare le tendenze del mercato del lavoro e di esprimere maggiore dinamicità e plasticità alle variazioni dello stesso. (Disegno: Sergio Simonetti)

venerdì 26 giugno 2009

Il Cavallo Napoletano

Gli Etruschi scelsero la Campania felix per impiantare i loro allevamenti di cavalli, a ridosso degli insediamenti greci della costa flegrea, nell’area capuana, dove successivamente i Romani allevarono i migliori esemplari per la corte imperiale. L’avvento della Repubblica marinara di Amalfi consentì importazioni di cavalli turchi che insieme ai cavalli campani furono la base per la nascita del cavallo neapolitano, apprezzato prima come popolazione indigena e poi come razza.
Giovan Battista Caracciolo, nobile cavaliere napoletano, non si risparmiò in elogi per questi cavalli che mostravano la loro grandezza al passo, al galoppo, in viaggio, in battaglia e nel salto: “… sono di buona taglia e di superba bellezza. Con la loro obbedienza incredibile seguono la musica e si mettono quasi a danzare spontaneamente …”.
Nel XV secolo, l’Ercolani scrive: “I cavalli neapolitani godevano la più alta fama come cavalli da guerra”; nel trattato del D’Alessandro “Pietra paragone” (inizio ‘700) si considera il Napoletano come miglioratore di altre razze.
Purtroppo i primi anni del ‘900 segnano l’inizio della decadenza di questa razza come viene riportato dal Mascheroni (1903) e dal Fogliata (1908). Nel 2000 grazie alla passione e tenacia di Giuseppe Maresca, Presidente dell'Accademia di Arte Equestre Napoletana "Federico Grisone" ed attraverso lo studio di libri, documenti e stampe d'epoca, si procede alla ricostruzione morfologica con incroci mirati di fenotipi autoctoni che possedevano i caratteri della razza.
Nel 2004 è istituito il Registro Anagrafico e nel 2009 la popolazione ha raggiunto i 50 esemplari.
CARATTERI MORFOLOGICI: mantello baio, sauro bruciato, grigio sorcino e morello; testa altera, quadrata, con fronte ampia ed occhi grandi, un profilo diritto convesso nel tratto nasale ed accentuato nell’appiattimento delle narici, le orecchie sono piccole e mobili; collo muscoloso e lungo, elegantemente arcuato, con criniera folta e lunga; spalla muscolosa, ben inclinata, lunga e ben attaccata al tronco; garrese grosso, elevato, incluso nell’ampia base del collo, a 42 mesi l’altezza minima è di 1,50 m.; groppa raccolta, larga ed arrotondata; petto ampio con torace profondo; arti proporzionati e muscolosi.
ATTITUDINI: la conformazione morfologica predispone il cavallo al tiro medio leggero ed alla sella, in particolare alla disciplina del dressage e dell’alta scuola.

martedì 23 giugno 2009

Verso una PG europea per il contrasto all'agropirateria: il Corpo Forestale dello Stato

L’Italia, nel panorama internazionale, rappresenta uno dei Paesi con un ricco e variegato patrimonio agroalimentare dove le produzioni tipiche nazionali costituiscono il “fiore all’occhiello” di un paniere di prodotti altamente differenziato, la cui ricchezza e varietà rappresentano un punto di forza in un contesto di crescente apprezzamento verso i prodotti diversificati e con un forte contenuto di tipicità.
A questo si aggiunge la presenza sul mercato di consumatori sempre più attenti agli aspetti nutrizionali in termini di apporto calorico, genuinità, originalità e unicità dei prodotti, che porta ad una esaltazione della cosiddetta “dieta mediterranea”, tanto che in questi ultimi anni l’enogastronomia italiana è divenuta tratto distintivo dello stile italiano, rappresentando uno dei fattori di successo e di identificazione del made in Italy.
Se poi quantifichiamo il valore del settore agroalimentare italiano, questo si può stimare come secondo in termini di fatturato dopo il metalmeccanico e riveste un ruolo determinante in ambito comunitario contribuendo per il 13% alla produzione agricola totale dell’Europa. Altrettanto consistente è l’export agroalimentare; la quota italiana sul commercio mondiale si attesta da diversi anni ad una cifra superiore al 3,5%. In questo contesto i prodotti agroalimentari italiani finiscono spesso oggetto di sofisticazioni, di falsificazioni evidenti, di ingannevole utilizzo dell’origine geografica, di contraffazione delle scadenze fino a giungere ad imitazioni nell’utilizzo di nomi o immagini che richiamano il nostro Paese (i colori della bandiera italiana finiscono in molti dei prodotti venduti sul mercato americano).
In Italia il problema è sotto controllo, molti sono i prodotti a denominazione di origine salvaguardati dalla legge. All’estero, invece, soprattutto al di fuori dell’Unione europea, è molto più difficile proteggere le produzioni italiane da queste imitazioni, che nel complesso valgono migliaia di miliardi. I grandi marchi della moda o le produzioni musicali, che pure subiscono molti tentativi di imitazione, hanno infatti una tutela giuridica internazionale che non possiedono invece i prodotti della tradizione agroalimentare. Il Reggianito argentino, la pasta Teresa, il formaggio Cambonzola e l’olio d’oliva Fra Diavolo sono solo alcuni dei tesori della tavola italiana che vengono imitati all’estero.
L’emergenza è soprattutto per i marchi di qualità D.O.P. e I.G.P. Così l’Italia perde ogni anno 2,8 miliardi di euro mentre il business raggiunge l’esorbitante cifra di 52,6 miliardi di euro. Solo negli Stati Uniti le imitazioni dei nostri formaggi certificati fruttano ben 2 miliardi di dollari. La percentuale di prodotti contraffatti provenienti dagli Emirati Arabi Uniti è del 5%, mentre è dalla Turchia che proviene il maggior numero di cibi e bevande falsificate ,18% insieme a Singapore, 12% e Ungheria ,7%.
In Italia i controlli e le indagini nel settore delle frodi alimentari per la sicurezza e la qualità degli alimenti sono effettuati da Organi dipendenti da diversi Dicasteri tra i quali il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, in questo contesto il Corpo Forestale dello Stato - Divisione 2^ (Polizia Agroalimentare), attraverso il Nucleo Agroalimentare e Forestale (N.A.F.) potrebbe svolgere una attività di controllo in materia agroalimentare anche in chiave europea.

mercoledì 17 giugno 2009

ONAF DAY - 21 giugno 2009

Nell’ambito della celebrazione del ventennale ONAF le sezioni di Avellino, Caserta e Salerno, organizzano l’evento denominato “Formaggiata del solstizio d’estate con i grandi prodotti della Campania” presso il Borgo di Terravecchia in Giffoni Valle Piana - Palazzo Federico II. L’obiettivo è di polarizzare l’attenzione nazionale sul formaggio in un giorno dedicato ai riconoscimenti, all’informazione ed al piacere del gusto.

PROGRAMMA DELLA GIORNATA

Ore 18.30 - Il Pecorino Bagnolese espressione del Parco dei Monti Picentini incontra il Carmasciano ed il Pecorino di Laticauda. Abbinamento con Fiano di Avellino e Aglianico D'Antiche Terre e Birra Nadir Belgian Bruin del Birrificio il Chiostro. Interverranno Angelo Petretta (STAPA CePICA di Avellino), Giovanni Ruggiero (STAPA CePICA di Salerno), Maria Sarnataro (Consigliere Nazionale ONAF), Eliseo Di Sapio (Delegato ONAF di Avellino), Associazione Produttori di Pecorino Carmasciano.

Ore 20.00 - La mozzarella di Bufala Campana e il Provolone del Monaco, due DOP accomunate da passione, gusto e legame al territorio. Abbinamento con Coda di Volpe e Piedirosso Ocone. Interverranno Francesco Aiello, Luigi Chianese presidente del Consorzio di tutela della Mozzarella di Bufala Campana DOP, Giosuè De Simone presidente del Consorzio di tutela del Provolone del Monaco DOP e per la guida della Degustazione Maria Sarnataro (Consigliere Nazionale ONAF).

Ore 21.00 - Le eccellenze “minori” della Campania: Mozzarella nella mortella, Cacioricotta, Conciato Romano e Pecorino dell’Alto Casertano. Abbinamento con Fiano Phasis di Tenute del Fasanella. Interverranno Luciano Pignataro, Mario Sansa (delegato ONAF Caserta) e Maria Sarnataro (Consigliere Nazionale ONAF e delegato ONAF di Salerno).

sabato 13 giugno 2009

18 e 19 giugno 2009 settima Conferenza della Rete delle Regioni Europee Ogm-free

Quarantanove Regioni Europee si ritroveranno ad Urbino nelle Marche per parlare di strategie e accordi politici per una coesistenza sostenibile nelle produzioni agricole tra gli Ogm e le colture tradizionali e biologiche.
La Regione Marche, ha ricordato il vice presidente con delega all'Agricoltura, Paolo Petrini, è una delle 10 fondatrici della Rete, costituita nel 2003 e che hanno scelto un modello di agricoltura volto alla salvaguardia delle produzioni agricole, tipiche e di qualità, prive di contaminazione genetica delle colture, lasciando tuttavia la libertà di scelta.
"Nessuna preclusione - ha detto Petrini - verso la ricerca scientifica nel settore agroalimentare ma un forte richiamo alla cautela è necessario. Migliorare le produzioni non può, infatti, prescindere dalla qualità e dalla tutela della salute dei consumatori".
I lavori della conferenza di Urbino del 18 giugno si articoleranno in quattro sessioni, volte ad approfondire alcune delle tematiche fondamentali legate alla materia degli Ogm: a) coesistenza e aree Ogm-free: dare risposte a un'esigenza sociale; b) assicurare un mercato europeo di mangimi Ogm- free: come e perché; c) etichettatura Ogm-free: una strategia per salvaguardare i prodotti Ogm-free dell'Unione europea; d) preoccupazioni scientifiche e socio- economiche.

venerdì 5 giugno 2009

I caseifici aziendali, produzioni primarie, certificazioni ed aspetti normativi

Villamaina 12 giugno 2009

L’Ordine dei Medici Veterinari della provincia di Avellino in collaborazione con l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale per il Mezzogiorno di Portici, la Facoltà di Medicina Veterinaria di Napoli, l’ex ASL AV1 ed AV2 e le Scuole di Specializzazione di Malattie Infettive di Napoli e Bari e quella di Ispezione degli Alimenti di Napoli, organizza presso le Antiche Terme di San Teodoro, Via Bagni, 20 – Villamaina (AV), il 12 giugno 2009, il convegno dal titolo “I caseifici aziendali, produzioni primarie, certificazioni ed aspetti normativi”.
Si inizia alle ore 9.00 con i saluti dei dott. Vincenzo D’Amato e Mario Romano rispettivamente presidente Ordine dei Medici Veterinari di Avellino e amm. unico soc. antiche terme di San Teodoro. Nella I sessione previsti gli interventi del dott. Gerardo Di Leo, medico veterinario ASL AV1, del prof. Alberto Vergara, Università di Torino e della prof.ssa M. Giuseppina Tantillo, Facoltà di Medicina Veterinaria di Bari. Successivamente alle ore 10.45 II sessione “Valorizzazione e controllo della filiera agroalimentare”. Moderatore il dott. Antonio Limone, commissario IZS del Mezzogiorno. Previsti gli interventi del Prof. Vincenzo Peretti, ricercatore DISCIZIA della Federico II, del dott. Fernando Fuschetti, comandante regionale Corpo Forestale dello Stato, della prof.ssa M. Giuseppina Tantillo, Facoltà di Medicina Veterinaria di Bari e del dott. Vito Amendolara, direttore Coldiretti Campania. Conclusioni del dott. Giuseppe Allocca, coordinatore Assessorato Agricoltura e Attività Produttive della Regione Campania e del prof. Luigi Zicarelli, preside della Facoltà di Medicina Veterinaria di Napoli. Interverranno i Presidente degli Ordini dei Medici Veterinari delle province di Caserta, Benevento, Napoli e Salerno ed i dirigenti dello STAP-Alimentare e STAPACePICA di Avellino e delle organizzazioni professionali e dei consumatori.

Razze autoctone impiegate come sentinelle dell'ambiente


Il biomonitoraggio delle popolazioni animali autoctone consiste nel controllare in modo sistematico e continuo gli effetti dell’inquinamento ambientale mediante la valutazione di modificazioni morfologiche, fisiologiche e soprattutto genetiche di un campione rappresentativo di animali di interesse zootecnico (animali in produzione) e veterinario (animali da compagnia). E’ importante chiarire che il biomonitoraggio non misura l’inquinamento dell’ambiente, ma stima l’alterazione rispetto alla norma di alcuni parametri di stabilità genica degli animali che vengono considerati come biomonitors.

Gli animali allevati a scopo zootecnico rappresentano un punto fondamentale della catena alimentare. Monitorare gli animali, significa monitorare l’ambiente dove essi vengono allevati ed alimentati; qualora l’ambiente fosse contaminato da qualsivoglia sostanza ad azione tossica e/o mutagena, gli animali assumerebbero tali contaminanti attraverso l’alimentazione e potrebbero attraverso i loro prodotti trasferirli all’uomo. Gli effetti mutageni di tali sostanze si manifestano in danni a livello cromosomico (DNA) aumentando l’instabilità genetica la quale si può tradurre in mutazioni genetiche che spesso sono il primo passo per l’insorgenza di neoplasie o difetti immuno-enzimatici: tanto più alta è tale instabilità, tanto più alto è il rischio di mutazioni.
Per valutare le conseguenze di una eventuale esposizione a sostanze genotossiche si ricorre all’uso di test citogenetici in grado di evidenziare alterazioni irreversibili del materiale genetico in termini di mutazioni geniche, cromosomiche o genomiche. I campioni biologici di elezione sono i linfociti di sangue periferico ed i test citogenetici sono i prescelti per analizzare probabili mutazioni geniche o strutturali o numeriche. Tra questi i più attendibili, maggiormente diffusi ed impiegati nel Laboratorio di Genetica Veterinaria e Biotecnologie applicate alle Produzioni Animali, attivo dal 2001 presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, sono il test delle aberrazioni cromosomiche (AC), il test dello scambio tra cromatidi fratelli (SCE) ed il test dei siti fragili.
Come nella maggior parte degli studi epidemiologici sull’animale, anche negli studi di monitoraggio emerge un alto livello di variabilità interindividuale nella risposta a un insulto chimico o biologico; alcuni individui di controllo non esposti possono presentare alti livelli di danno cromosomico, mentre alcuni degli esposti possono avere frequenze spontanee inferiori ai controlli. Pertanto i dati non vengono trattati su base individuale, ma possono risultare informativi se inseriti in un contesto di gruppo (riuniti in gruppi disomogenei per specie, razza, età, modo di allevamento così che il campione monitorato sia quanto più variabile possibile e quindi rappresentativo della popolazione animale del territorio): quindi è solo mediante il valore medio, con l’ausilio di opportuni test statistici, che è possibile sostanziare un problema di esposizione.
Gli animali diventano delle vere e proprie centraline biologiche di rilevamento dell’inquinamento dell’ambiente (sentinelle dell’ambiente) e svolgono un ruolo importante per la sicurezza alimentare ed ambientale. (Fonte: Rivista Agricultura e Innovazione)

martedì 2 giugno 2009

Premio "Campaniae varietas vitae"


E’ stato presentato il 1 giugno 2009 a Ruviano (CE) nel corso del I Galà del Suino Casertano, del Vitigno Pallagrello e del Caso Peruto, il premio “Campaniae varietas vitae” promosso dall’Associazione Saperi e Sapori della Campania, l’Associazione RARE e dal Consorzio di Tutela Provolone del Monaco D.O.P.

Il premio che si propone di attribuire il piatto decorativo, realizzato, per l’occasione dall’artista napoletana Gaia Romano, ad un'iniziativa, un'attività da tutelare, una persona, un gruppo, un'associazione, un ente pubblico o privato, quale valorizzazione dell’ingegno, del “saper fare” e della cultura nel settore agroalimentare della Regione Campania, avrà cadenza annuale ed ogni edizione si svolgerà nell’ambito di una manifestazione organizzata dalle associazioni fondatrici.
Il vincitore del premio sarà selezionato da un Comitato di Giuria formato da autorevoli personalità della scienza e della cultura scelti in base alla loro competenza e rappresentatività nei campi della comunicazione, della ricerca e della cultura culinaria tipica della Regione Campania.

domenica 31 maggio 2009

I Galà del Suino Casertano, del Vitigno Pallagrello e del Caso Peruto

Ruviano (CE) 1 Giugno 2009


Si terrà il prossimo 1 giugno 2009 a Ruviano (Caserta) il I Galà del Suino Casertano, del Vitigno Pallagrello e del Caso Peruto, organizzato dal Comune di Ruviano, l’Associazione Saperi e Sapori della Campania, l’Associazione RARE, il Consorzio Allevatori della razza suina casertana, la ProLoco Raiano e l’UNPLI di Caserta, un occasione imperdibile per conoscere i tre prodotti d’eccellenza del territorio casertano.
Si inizia alle ore 9.00 presso l’area SIC “Sito di Interesse Comunitario” di Alvignanello di Ruviano con il taglio del nastro ed il saluto delle Autorità. Si procederà poi alla scoperta degli Itinerari Verde, Grigio e Bianco che porteranno attraverso esperte guide alla conoscenza delle tipicità del vitigno Pallagrello, dell’allevamento semibrado di suini di razza casertana e delle fasi di lavorazione del Caso Peruto.
Nel pomeriggio, alle ore 17.00, presso il Complesso Scuola Media, via Nazionale 83 di Ruviano si promuoverà il premio “Campaniae varietas vitae” che si propone di attribuire un riconoscimento ad un'iniziativa, un'attività da tutelare, una persona, un gruppo, un'associazione, un ente pubblico o privato, quale valorizzazione dell’ingegno, del “saper fare” e della cultura nel settore agroalimentare della Regione Campania. Successivamente verrà presentata dal direttore Nando Cirella ed il presidente di Ager Photo Antonio Calamo il 1° numero della rivista AgriCultura e Innovazione, trimestrale di agricoltura, zootecnia, prodotti tipici, ambiente e turismo.
La serata si concluderà con il convegno “La tipicità locale quale strategia di sviluppo del territorio”. Dopo i saluti di Roberto Cusano e Mario Petrazzuoli, Sindaco e Assessore all’Agricoltura di Ruviano, Alberto Rossetti, Presidente Associazione Saperi e Sapori della Campania, Pasquale di Meo, Presidente ProLoco Raiano, Giovanni Migliozzi, Presidente Consorzio Allevatori della razza suina Casertana e Francesco D’Orsi, Direttore ARAC, si entrerà nel vivo del convegno moderato da Andrea Petrazzuoli, Vice Sindaco di Ruviano, con gli interventi di Vittorio Barbieri, Giuliana Andreozzi e Vincenzo Peretti, docenti dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, Carlo Ferrara e Maria Luisa Stirpe del Servizio Veterinario ASL CE, Marco Cerreto, Consulta Nazionale dell’Agricoltura, Marcello De Simone, direttore Coldiretti Caserta, Vincenzo Galietti, Fabio Di Meo e Vincenzo Coppola esperti rispettivamente del territorio, di vitigno pallagrello e caso peruto e Franco Pezone, Presidente UNPLI Caserta.